Le immagini di Massimo Saretta usano la naturale e diretta espressione di cui è capace la fotografia. Come quelle di viaggi che sembrano delle vite, fatte di scatti mai rubati e puntuali. Close-up, ritratti, campi lunghi, frontali e di tre quarti, tagli di luce, fuochi e nebbie, colori – tantissimi – e decorazioni che formano la versione contemporanea di una grammatica di ornamento o di una Bibbia per antropologi.
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